Arte gotica folklorica originale: rituali nell’oscurità

Esiste un tipo di oscurità che non spaventa — consola. È antica, ancestrale, stranamente familiare. Nei miei dipinti, quell’oscurità non è un vuoto ma un paesaggio pieno di simboli, riti e tracce di tradizioni dimenticate. È lo spazio in cui il folklore incontra il gotico: dove il mito e la malinconia parlano la stessa lingua.

Questo incontro tra il folklorico e il gotico mi ha sempre affascinata. Entrambi affondano le radici nell’emozione — uno nella memoria collettiva, l’altro nell’introspezione. Il folklore conserva ciò che una cultura sente; l’arte gotica rivela ciò che l’anima nasconde. Insieme creano un linguaggio visivo che trasforma l’oscurità in qualcosa di sacro, persino luminoso.


Il folklore come memoria ancestrale

In molte culture, il folklore è stato il mezzo per conservare ciò che non poteva essere scritto — storie della terra, degli spiriti, del desiderio umano. Nelle tradizioni slave e baltiche, che spesso mi ispirano, l’oscurità non è un nemico. È la terra da cui nasce la vita, la notte che custodisce il mistero, lo spazio dove avviene la trasformazione.

Penso spesso ai ricami tradizionali, agli amuleti, ai simboli pagani — occhi contro il male, corone di fiori per la fertilità, linee serpentine per la protezione. Queste forme antiche di narrazione visiva non erano mai soltanto decorative. Erano atti di fede. Ricamare un simbolo o dipingere un motivo protettivo significava partecipare a un rito — un modo per comunicare con forze più grandi di sé.

Quando dipingo, torno a quell’impulso. Il processo diventa rituale: strati di colore, ripetizione di segni, simboli che emergono e scompaiono sotto nuove pennellate. Ogni opera è un’invocazione silenziosa — un tentativo di riconnettersi a qualcosa di più antico del linguaggio.


La dimensione gotica dell’emozione

Se il folklore custodisce il collettivo, il gotico custodisce l’individuale. È la metà introspettiva della stessa equazione — il modo in cui l’oscurità riflette la condizione umana. L’arte gotica, che si tratti di architettura, letteratura o pittura, è sempre stata un modo per affrontare le emozioni senza filtri. Accoglie l’imperfezione, la decadenza, l’intensità.

Nel mio lavoro, la sensibilità gotica si manifesta nell’atmosfera — nella luce smorzata, nei riflessi metallici, nei gesti simbolici. Mi attraggono i contrasti: la fragilità avvolta nell’ornamento, la bellezza intrecciata all’inquietudine. Questa ambiguità emotiva è ciò che dà al gotico la sua profondità. Non parla di paura, ma di intimità con l’ignoto.

C’è qualcosa di profondamente umano nello sguardo gotico — accetta che bellezza e tristezza, vita e morte, coesistano nello stesso spazio.


Simboli e rituali nell’oscurità

L’oscurità, per me, è un palcoscenico di trasformazione. È dove i simboli acquistano peso e i gesti diventano cerimoniali. Occhi, serpenti, fiori e croci ricorrono spesso nei miei dipinti, ognuno con molteplici significati — protezione, rinascita, desiderio, fede. Non sono icone statiche, ma emblemi vivi che cambiano con il contesto e l’emozione.

Penso a ogni dipinto come a un rituale in sé. La ripetizione dei motivi — il movimento circolare del serpente, la fioritura contro l’ombra — diventa meditazione. Nel folklore, la ripetizione era una forma di invocazione; nell’arte, è un ritmo di senso. Attraverso questi cicli visivi, cerco di raccontare come l’emozione si trasforma nel tempo — come la paura diventa tenerezza, come la solitudine si trasforma in comprensione.

L’oscurità nelle mie opere non è sfondo: è presenza. Contiene la luce, la modella, le dà forma. Come nei miti in cui la notte genera rivelazione, anche qui l’oscurità diventa mezzo di rinascita.


L’estetica del sacro e dello strano

L’estetica gotica folklorica vive di contrasti — il sacro e il profano, l’umano e il mitico, il naturale e il surreale. Prende in prestito l’iconografia religiosa ma la sovverte; attinge dal rituale ma lo reinterpreta attraverso l’emozione. Questa dualità permette ai dipinti di esistere tra mondi.

Le forme botaniche si torcono in aureole; gli occhi brillano come candele; i volti appaiono metà belli, metà inquieti. Le composizioni ricordano gli affreschi delle chiese e le incisioni pagane — un incontro accidentale tra fede e istinto.

L’influenza delle arti decorative dell’Europa orientale è profonda: bordi ornamentali, simmetrie, palette smorzate legano queste opere all’artigianato ancestrale. Ma al posto della precisione c’è l’espressione. Al posto della devozione, l’empatia.


L’oscurità come rinascita

Nel mondo moderno, l’oscurità è qualcosa da eliminare — qualcosa di scomodo. Ma nel folklore e nell’arte gotica, è un luogo di divenire. Permette all’emozione di esistere senza la pressione della luce. Custodisce ciò che non può essere visto chiaramente — il mistero, il lutto, la rinascita.

Vivere con l’arte oscura non significa vivere nella tristezza, ma nella presenza. Un dipinto pieno di fiori gotici e simboli folklorici non porta malinconia, ma atmosfera. Rallenta il tempo, rende visibili le texture, la memoria, il silenzio.

È per questo che torno all’oscurità, ancora e ancora. Non è una fuga dalla luce, ma un modo per comprenderla. Più profonda è l’ombra, più intenso il colore che ne emerge. Più scura la superficie, più significato può contenere.


Il rituale dello sguardo

Guardare l’arte gotica folklorica significa partecipare a un rituale dello sguardo — un’attenzione lenta, che rivela invece di consumare. Lo spettatore diventa parte della cerimonia, interpreta i simboli in modo intuitivo, lascia che l’emozione si dispieghi.

Credo sia questo il motivo per cui amo dipingere in questo modo: invita alla contemplazione. Non offre chiarezza, ma presenza. Dà forma a ciò che sentiamo ma non sappiamo nominare.

In queste opere, l’oscurità non è vuoto. È memoria. È magia. È il luogo in cui il passato respira ancora, e dove la bellezza, anche nell’ombra, continua a fiorire.

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